Noi Wildpigs siamo così: ci “muoviamo” e pedaliamo per divertimento e non per professione, ma crediamo ciecamente in quello che facciamo, e questo sito ne è la prova concreta. Per questo ho deciso di accompagnarvi ad un avvenimento, verificatosi qualche decennio fa, e precisamente nel 1968, che ha occupato da subito un piccolo angolo della mia memoria. Il 1968, si sa, fu anno cruciale nella storia post-bellica, caratterizzato, tra le altre cose, dallo svolgimento della diciannovesima edizione delle Olimpiadi, forse la più politicizzata, a Città del Messico.
Doveroso un piccolo excursus: nel febbraio di quell’anno, gli Stati Uniti avevano votato a favore della partecipazione ai Giochi del Sudafrica (all’epoca ancora sommerso dal regime dell’Apartheid), provocando la rinuncia di molti Paesi africani e la minaccia di boicottaggio di tantissimi atleti neri. Pochi giorni prima dell’inaugurazione poi, oltre diecimila studenti messicani si erano dati appuntamento in Piazza delle Tre Culture, nella capitale, per manifestare contro il Governo. La repressione fu violentissima: dagli elicotteri, per ben 62 minuti, piovvero interminabili raffiche di mitra. Ma poiché lo “show deve sempre continuare”, si decise di dare comunque il via alla manifestazione.
Corriamo dunque subito alle gare di atletica sulla distanza corta (200 mt), tra i cui finalisti vi erano due atleti americani di origine africana, notoriamente specialisti della velocità: Tommie Smith e John Carlos. Accadde così che i “neri” statunitensi si piazzarono rispettivamente al primo e terzo posto, che salirono sui gradini del podio a piedi nudi e che durante l’inno chinarono il capo ed alzarono il braccio sinistro, mostrando al mondo intero il pugno chiuso guantato di nero in segno di protesta.
Risultato: nonostante la solidarietà dei loro “avversari” bianchi, gli atleti vennero espulsi dal villaggio olimpico.
Questo per dimostrare, penso, che le motivazioni fanno sempre la differenza, soprattutto nello sport.
Termina qui il mio racconto, credo legittimo per il fatto di rispettare profondamente questi uomini ancor prima che atleti, liberi e “wild” nel pensare. Dei veri Wildpigs.