Non essere più là, ma non riuscire a pensare ad altro. In uno qualsiasi di questi momenti, sarei pronto a partire e tornare indietro, per gustarmi tutto di nuovo e meglio. Quattro giorni fantastici, dove non si smette mai di imparare, nemmeno dal tuo compagno occasionale di pedalata. Fermarsi a fare due chiacchiere, esprimere ed ascoltare le emozioni tue e degli altri, fare e ricevere complimenti per un passaggio fatto bene, curiosare tra i mezzi altrui, ridere, divertirsi, godersi una bevuta al pub mentre si raccontano le proprie esperienze in sella, pedalare accanto al vice campione del mondo di discesa, a ragazzi e ragazze uniti dalla stessa passione per la mtb.
E’ veramente difficile fare una classifica delle sensazioni e dei momenti vissuti più belli; per questo, nel ringraziarli, procedo a caso mnemonico: e sarà un caso, ma non potevo che partire dal tracciato della 24h di Finale, semplicemente UNICO. Quindi grazie a passaggi e paesaggi mozzafiato, ad una leggera discesa in cresta con un occhio che guarda al sentiero e l’altro rivolto al mare, a curve a gomito che ti immettono in una ripida e rapida salita che se non spingi ti inchiodi, e poi grazie a lei: la discesa del toboga! Sotto gli alberi, luce ed ombra che si rincorrono ed alternano, curve paraboliche strette a destra e a sinistra (mamma mia, mi passa tutto davanti ancora adesso, ma essere là è tutt’altra vita!), e quando arrivi in fondo ti senti bene, e hai voglia di risalire subito e ridiscendere per poi risalire e ridiscendere all’infinito. Il tutto dopo aver passato “i ponti romani”, cercando di mettere in pratica le astuzie tecniche appena imparate per oltrepassare gli ostacoli e i gradini naturali, stavolta sì andando a cercarli ed evitando il percorso più semplice!
Grazie alla corta salita fatta di roccia, segnata dal tempo con binari naturali, che a farla con “il cancello” sei un grande e ti strameriti un applauso dal gruppo. Alla tirata finale sullo strappettino prima di arrivare in hotel, dando il cinque a Otello. Alle belle salite asfaltate a inizio giro, ai nani nei boschi e al coniglietto rosa con lo zaino rosa che sbuca dal cespuglio, a Teo Teocoli e Dustin Hoffman, al mio capo “Iga” e all’amica (sorellina) che non smettono mai di ridere, alla cameriera che in quattro giorni non ha mai servito le portate che avevamo ordinato, ai consigli alimentari suggeriti dopo le tremende figuracce a colazione, alla mia ignoranza per non aver messo il giusto rapporto sulla ripida e rapida salita ed esser così volato a terra di fianco.
Al personaggio più amato del corso, soprattutto quando si sedeva vicino ad Alfredo e gli faceva mille domande non facendogli seguire la lezione, alle radici e sassi e boccioni che ti fanno imparare il “fuori sella”, ai pedalini che ti aiutano ad alzare il posteriore, al cartellino con nome e numero davanti al manubrio che ti dà quella strana sensazione, alla discesa del secondo giorno; all’azimut, al vice campione del mondo che ti insegna a regolare il cambio, a Borgio Verezzi e alle tecniche di guida imparate al “pistino”, dove devi buttar giù bici e corpo e mollare e vedrai quanto è bello; a quelli che tolgono e vengon tolti dalla strada per essere portati in un bosco; ai compiti alle 2 di mattina, a chi prima di partire fa l’appello e poi parte, anche se chi manca e non poteva rispondere non c’è, alle mani che prudono, ai racconti degli olandesi ubriachi e del figliolo che copre la targa per non essere riconosciuto dalla polizia. Alla fine rimane lei, che cerca spesso di diventare una cosa sola con me, ed è bello assecondarla in questo: grazie alla Cubelva, a tutte le Cubelve e a tutte le altre scalpitanti due ruote grasse che ci hanno accompagnato nel corso.
Un grazie anche al ritorno malinconico, con il sole che tramonta a bordo strada, e ti verrebbe da alzare le braccia, e dove va va!
E’ stato veramente uno spettacolo!