Ciao Amici cinghiali! Come butta? Spero bene perché oggi vi portiamo a fare un giro in fissa a New York!
Ci sono stato di recente da turista… Invece Francesco, che già conosciamo, ci è stato pedalando. Ma non perdiamo tempo in chiacchere e andiamo al dunque.
Mi chiamo Francesco Furiassi, sono un chiropratico, un piccolo produttore di video documentari con la passione per le due ruote.
Da un paio d’anni insieme a Giacomo e la nostra inseparabile troupe: Paolo, Francesco ed Eugenio giriamo video in lungo e largo per il mondo. Con il nostro progetto “Apri gli occhi senza freni” tentiamo di unire sport, temi sociali e cultura eco-sostenibile.
Lo scorso 20 maggio ci siamo cimentati in un doppio lavoro, girare il documentario della Granfondo di NY e contemporaneamente disputarla! Dato che non ci piacciono le cose facili abbiamo gareggiato con bici a scatto fisso.
La New York City Granfondo è alla sua seconda edizione, come si capisce dal nome e dallo slogan “la corsa la fanno i corridori” la chiara volontà dell’ideatore Ulrich è lasciare una forte impronta italiana sulla gara.
-Quest’anno il numero dei partecipanti è raddoppiato- ci racconta Alessandro Pinto, il responsabile italiano dell’organizzazione.
La scorsa domenica mattina sul Washington Bridge si sono assiepati circa 5.000 partecipanti.
La New York Granfondo non si limita solo alla gara, è un vero evento con fulcro al NY Bike Expo dove si celebra il Made in Italy nei due giorni precedenti la corsa. Biciclette, telai prestigiosi, ma anche olio, vino e tutto quello che gli americani ci invidiano!
Nonostante i numeri più che ragguardevoli della manifestazione è stato buffo constatare che chiedendo indicazioni ad un poliziotto a non più di 40 metri dall’Expo lui non sapesse neanche di che stessi parlando. New York è New York, di manifestazioni da 5.000 partecipanti ce ne possono essere 10 in un solo giorno! Incredibile. La sola giornata di domenica offriva una gara podistica di fondo a Central Park, la Mezza Maratona di Brooklyn e una 5Km per commemorare i poliziotti caduti a Ground Zero (una mia amica è arrivata prima di categoria, grande Lella!).
Realizzando numerose interviste tra i partecipati oltre a Newyorkesi divertiti ci siamo imbattuti in centinaia di persone provenienti da altre nazioni, tutti o quasi sedotti dalla location prima ancora che dalla gara. Ribadisco New York è New York, credo che l’organizzazione abbia avuto un idea geniale, sposare una Granfondo con la città più affascinante al Mondo. Sono convinto che nei prossimi 10 anni la corsa crescerà esponenzialmente sino a diventare un must per ogni ciclo amatore.
Tra gli stranieri anche quest’anno la pattuglia italiana è stata la più numerosa, l’agenzia Booking Point capitanata dal grande Andrea Tonti e da sua moglie Michela ha portato dallo stivale 145 corridori (un record!) altri gruppi sono quelli di Terramia e X Event oltre a una numerosissima pattuglia di “cani sciolti”. In tutto gli italiani erano almeno 350!
Tornando alla gara al momento dell’iscrizione si potevano scegliere due percorsi, un medio da 60 miglia e un lungo da 100.
La cosa più sbalorditiva è che in entrambi i percorsi c’erano dislivelli più che rispettabili, dai 1.000 metri del medio ai dolomitici 2.800 metri del lungo.
La domanda più frequente tra i partecipanti era: sarà una bufala? E’ risaputo che New York è piatta come una tavola da biliardo e nessuno tra i neofiti riusciva a credere di trovare tutte queste salite. Tra sorrisini e battute si era tutti (o quasi) convinti del tarocco Made in U.S.A.
La risposta sta nel percorso, la partenza è a Manhattan, sul Washington Bridge, poi l’intero tragitto si snoda tra colli, colline e piccole montagne del New Jersey.
Partenza ore 7A.M. La città è grande, la griglia chiude alle 6.15 la nostra sveglia suona alle 4 e dopo un abbondante colazione usciamo di casa. Sopra il ponte il freddo è pungente e ognuno cerca di scaldarsi come può, chi si ripara dal vento mettendosi dietro ad altri corridori e chi si accuccia a terra. Noi dobbiamo lavorare! Tra interviste e riprese ci difendiamo dal vento con una nervosa danza sul posto.
Non esiste al mondo linea di partenza più bella, è incredibile, alle nostre spalle la Skyline della città, di fronte a noi un bosco lussureggiante…senza parole.
La prima griglia è composta da 200 “frecce rosse”, gente con le gambe buone divisi tra ex pro, dilettanti e campioni di vario livello delle categorie amatori. Tutte le altre vanno in base alla data della registrazione.
La gara competitiva è solo il percorso lungo, ma l’ordine d’arrivo non coincide con la classifica. Qui vince chi impiega meno tempo a percorrere le quattro salite. Una sorta di cronoscalata in spezzatino. Molti italiani storcono il naso, ma queste sono le regole. Le asperità hanno nomi pittoreschi e si va dal Passo del Daino, la Montagna dell’Orso il Colle Pinarello al Colle Formaggio.
Ci sono due motivi, a mio avviso, che spiegano la scelta degli organizzatori:
I partecipanti devono aver modo di innamorarsi della location della gara, guardarsi intorno, fare foto cioè vivere l’evento a 360°
Il secondo motivo è che nel “raccordo” tra il ponte e lo stradone della gara vero e proprio ci sono una decina di chilometri sicuramente non all’altezza, sia per il manto stradale che per dimensioni.
L’organizzazione ha compiuto sforzi inumani, ho sentito le cifre sborsate per il rilascio dei permessi e per pagare gli extra dei poliziotti addetti alla momentanea chiusura delle strade durante il passaggio dei ciclisti…tanti zeri da far impallidire! Un altra realtà rispetto alle nostre amate gare tra Marche e Romagna.
Non è facile preparare una gara in una megalopoli, sopratutto i primi anni della manifestazione. L’amministrazione più che ad un indotto positivo per l’economia cittadina ti vede come un fastidioso ammennicolo al traffico cittadino. Di nuovo grande merito a Ulrich e Lidia che sgomitando e soffrendo stanno imponendo questa competizione. Stesse difficoltà erano toccata durante i primi anni della Maratona di New York. Le prime dieci edizioni si erano svolte nell’anello pedonale di Central Park…ora invece al di fuori delle Olimpiadi è probabilmente la gara più blasonata al mondo.
I numeri della NYGF sono chiari: 2.800 presenze la scorsa edizione, 5.000 questa, almeno 8.000 mila per l’edizione 2013 con probabile ciliegina sulla torta, partenza nel centro del Mondo, Time Square…
Si parte, io non sento neanche il colpo di pistola, il mio pettorale è il 5270, sono dietro ad almeno 4000 persone. Il mio obiettivo è arrivare dignitosamente all’arrivo del percorso medio. Il piccolo particolare è che sono sopra un pezzo d’acciaio particolarmente pesante, ho la ruota fissa e non conoscendo il percorso mi sono affidato ad un “diplomatico” 46×18.
Io, Giacomo (il mio compagno in fissa) e il nostro alfiere Nicola faticosamente iniziamo la gara.
La tattica è chiara, tutti e due dietro Nicola che ha più gamba e sopratutto è con la ruota libera. Devo assolutamente terminare la gara prima dell’arrivo degli uomini di classifica del percorso lungo, devo realizzare le interviste del dopo gara. Non posso attardarmi!
Tornando alla gara il percorso è veramente insidioso, senza grosse montagne il dislivello è il prodotto di una serie infinita di saliscendi. Reggo dignitosamente l’avvio soffrendo solo le numerose discese dove puntualmente vengo sverniciato da tutti i corridori superati (faticosissimamente!) in salita…non posso lamentarmi, lo scatto fisso me lo sono scelto io!
Il New Jersey è favoloso, già a 10 Km da Manhattan sembra di essere in uno dei grandi parchi americani.
Dopo una cinquantina di chilometri finalmente il bivio tra i due percorsi, tiro un sospiro di sollievo, credevo di essermi sbagliato!
Le gambe non girano più e dopo delle abbordabili salite, troppe discese e un paio di corti strappetti sopra il 12% sono un po’ malconcio, per di più sono rimasto solo. Giacomo si è staccato da un pezzo e ho perso di vista Nicola in un momento di confusione. Arrivo al mio primo e ultimo rifornimento. Integro con i sali sponsorizzatimi dalla italianissima Kiron e trangugio ogni ben di Dio, fortunatamente recupero il mio compagno e ripartiamo in vista del traguardo…la stanchezza si fa sentire e dopo troppo pochi chilometri di pianura l’anello si chiude e rientriamo sul percorso già fatto in precedenza all’andata…e come vuole la logica quella che era discesa diventa salita!
Arrivano puntuali i miei affezionati crampi alla coscia destra! Non prendiamoci in giro non ho certo allenamenti sopra i 100Km sulle gambe con lo scatto fisso. Un morbido Passo diventa Dolomitico e il 46X18 un macigno…tengo duro.
Passano i crampi, discesa-salita-salita-discesa ma quante sono 60 miglia?? Non dev’essere molto chiaro neanche agli organizzatori! Sui siti internet il percorso andava da 90 ai 107 Km un po’ tantina come differenza…purtroppo per me risulta vera la più lunga delle previsioni, svuotato ma ben attaccato alla ruota del mio amico rientro in città. Tagliamo il traguardo insieme. Una piccola soddisfazione, anche se non c’è una classifica per le Fixed Gear credo di essere stato il primo al traguardo. All’arrivo la “Little Italy” del villaggio è proprio sul fiume Hudson, la Skyline della città oltre il fiume. Un piatto di pasta, mi rassetto e sono pronto per le interviste ai campioni, quelli veri.
I primi due ad arrivare sono Gabriele Guarini e Claudio Costabile. Saranno i vincitori? Hanno fatto gara vera fino al traguardo staccando tutti. Dopo pochi minuti la doccia fredda, nessuno dei due è sul podio. Col senno del poi avrebbero potuto starsene tranquilli in gruppo e sparare tutto solo nei 30 minuti di salite cronometrate…Nessun rimpianto il quarto e l’ottavo posto sono più che meritati e come dice lo slogan della manifestazione “la gara la fanno i corridori”.
L’ex pro abruzzere Wladimiro D’ascenzio si aggiudica la gara e si porta a casa la magnifica Dogma2 in palio.
Oltre ad un fantastico ricordo della gara, mi porto a casa qualche record. Durante il percorso ho perso ben tre borracce dall’attacco sottosella…i Triatleti come diavolo fanno??!
Ma sopratutto ho tagliato il traguardo ben 2 volte…vi chiedete come sia possibile?
La prima sul serio, mentre la seconda per motivi “documentaristici”. Quando il mio compagno in bici a scatto fisso era a meno di 1Km dall’arrivo sono sgattaiolato dentro e ho concesso il bis 😉 nonostante la paura di essere bloccato da qualche poliziotto americano (questi sono grossi veramente!).
Francesco Furiassi