Amici Cinghios vi riporto tramite l’amico Mauro Vanoli un’ impresa di ultracycling bella tostina… Quindi, senza troppo indugiare eccovela servita.
Non ho idea se il Recioto abbia contribuito quella sera nel rientro dall’Austria, ma è certo che non devi esser sobrio (o “a piombo”) per prender la decisione e presentarti al via della Trans Am, che detta così non rende l’idea ma, a farla breve, è una non-passeggiata da 6800km di asfalto (non storcete il naso voi cinghiali amanti del tassello, Paolo è uno di noi, di voi) e 65mila mt di dislivello, cifre che in molti non raggiungono in una stagione intera.
Dicevamo del vino di Negrar, nel veronese, casa di Giorgio, amico di Paolo, amante di… ultracycling, insomma, quelli che non si fanno scappar la Rando dietro casa (o che vanno per l’appunto in Austria a mangiarsi passi alpini). E verosimile che quei due davanti ad altrettanti bicchieri abbiano dato libera uscita ai neuroni. Spesso le cose strambe nascono così, nella prima fase perlomeno. Poi arriva la razionalità, con un anno e rotti di culo (rotto) in sella per prepararsela una sfida simile. Uscite brevi, uscite lunghe, uscite insomma. Uscite a provar assetti, cambiando un manubrio, un’appendice, un nuovo borsello, la seduta più comoda e via discorrendo.
Fino al 7 Giugno 2014, poi appuntamento-ritrovo sul presto ad Astoria, che è Canada. E il via. Una cartina, uno spot (quel baracchino di plastica arancione che invia impulsi gps e permette di esser localizzati), una bici e il proprio bagaglio, di esperienze (poeta che sono) e di stracci. Pochi stracci, che la gara prevede di esser autosufficienti e quella roba te la devi portare appresso da Ovest a Est, fino a Yorktown (che è dove verosimilmente ci stai bene in infradito), non troppo pochi stracci ‘che sulle Montagne Rocciose (con passi ai 3500mt) è molto probabile una nevicata… coi fiocchi (perdonate la… freddura).
Son trascorsi dodici giorni da quel Sabato, da noi erano le 13.00 e da loro buio pesto all’alba. In dodici giorni quei “magnifici due” han messo sotto le ruote 2500miglia (al momento-stesura di questo pezzo), 30mila mt di dislivello (forse di più), han dormito male, mangiato peggio, bevuto nulla (caricandosi anche 4lt di acqua al giorno) e faticato tanto, molto, di più, noie di stomaco comprese.
Conosciamoli. Paolo non ha ancora 40anni, ha una bimba che è tutto un ricciolo, una moglie che lo adora e lo sprona (e che in questi giorni di gara “sta sul pezzo” alla grande), ha un lavoro d’ufficio che gli concede solo una pausa pranzo di un’ora (vuol dire che per la bici il tempo te lo devi ritagliare nei week end o montando delle luci se vuoi far ultradistanza come si deve) e viene da Silvi, Abruzzo. Protagonista delle 24h in mtb nazionali (visto che ama le ruote sporche e grasse?) è anche il coordinatore di una gara che a Luglio porterà attraverso l’Italia gli amanti del genere.
Giorgio è della terra del vino in apertura, uno che tira, tira e non molla mai. Un “musso” vero (asino) come dicono dalle sue parti. Ha tre figli grandi, una moglie, un cane. Fa l’operaio su turni e in queste ore è li a contendersi il primato di categoria con un coetaneo californiano di 50anni. Insieme han deciso di far strada “partiamo assieme, poi si vedrà”, insieme stanno andando alla grande (non è una frase fatta, basta far due calcoli-media, 17/18 ore in sella è il minimo che si concedono), insieme portano avanti un progetto ben descritto nelle loro pagine web e che parla di un sogno (quello che stanno vivendo) e di una missione (che vede coinvolto da molto vicino Paolo): dare visibilità a una malattia piuttosto rara (Sindrome di Shwachman) e all’Associazione Italiana di riferimento.
Cure for a Future è il loro motto. Conviene visitare le loro pagine in fretta, perché non ci metteranno troppo tempo per “asfaltare” gli States. C’è una pagina FB dedicata che riporta aggiornamenti a cadenza regolare, c’è la mappa interattiva che permette di veder il loro “puntino” avanzare, insomma, poche pugnette, c’è da far il tifo per loro!!