O almeno a Roma.
Amici cinghiali buongiorno. Premetto che chi scrive non ha titolarità alcuna per spacciarsi giornalista, pubblicista, editorialista, etc. Al massimo, lo si può riciclare come opinionista, nel senso che come tutti i cinghiali, esprime le sue idee ed opinioni su fatti/eventi/persone & cose che ruotano attorno al mondo della bicicletta. Che poi è il senso di questo blog. Quindi esprimerò la mia opinione circa un editoriale apparso il mese scorso sul sito de “Il Messaggero”, avendo quale bersaglio non l’autore dell’articolo naturalmente, che non conosco, ma l’idea in sè dell’articolo stesso. Ecco l’editoriale…
Quello che segue è un articoletto politicamente scorretto, almeno un po’. Diciamo la verità: esiste una città meno adatta di Roma – con i suoi sette colli, salite, discese, sanpietrini, buche, tombini, super-smog, folle di turisti per le strade, motorini che ti passano sopra la testa, in mezzo alle gambe, intorno alle spalle, tre le orecchie – alla circolazione, e soprattutto alla retorica, delle biciclette? Esiste? Ma davvero esiste? Forse, Napoli. Forse, le montagne russe. E comunque, a Roma le bici t’investono. Piccola scenetta, due giorni fa. Un padre con la bimba di due anni tra le braccia esce dal portone di casa, in via Flaminia, e viene travolto da un biciclettante che pensa di essere al Tour de France de’noantri e corre come un forsennato (doping?) sul marciapiede. Nella diatriba successiva all’incidente – «Ma lei è matto?», «No, è lei che doveva guardare meglio, di qua e di là, uscendo dal portone!» – voleva pure avere ragione lo spericolato. In molte città italiane, il conflitto tra ciclisti e pedoni si va inasprendo. È uso infatti, non solo a Roma, che in mancanza di piste ciclabili le due ruote invadano i marciapiede. Ben più lisci da solcare, specie quando le strade hanno i sanpietrini o il pavè con le rotaie del tram. A volte gridano «Pistaaaaaaa!» gli invasori. E quando invece un pedone si azzarda per caso a sconfinare nelle piste ciclabili, i ciclisti s’indignano: «Viaaaaa!». E si sentono vittime del politicamente scorretto. Invece di accettare di buon grado una multa, come accade in tutto il mondo sviluppato.
Come in tutte le cose, nessuno ha mai totalmente ragione, nè torto. Non credo si possano assurgere a pericolo numero uno delle strade i ciclisti ed il loro mezzo a due ruote. Non vivo in una città di grandi dimensioni quali Milano, Napoli, Roma, ma credo che i fatti che accadono nei piccoli centri siano semplicemente moltiplicati per un milione di volte nelle grandi città.
Pensate alla situazione seguente: l’automobilista che passa con il rosso o parcheggia sulle strisce pedonali; il ciclista che sfreccia sui marciapiedi o viaggia in contromano nelle vie strette tanto è piccolo e ritiene di non dare fastidio; il pedone che attraversa di corsa l’incrocio a semaforo non verde. O ancora il pedone che, non sulle strisce pedonali, manda a quel paese il ciclista che lo ha quasi investito, dopo aver insultato l’automobilista che gli aveva appena tagliato la strada e che a sua volta aveva espresso la sua irrequietezza a suon di clacson. Dunque ogni soggetto della strada ha le sue debolezze.
Nell’articolo si parla anche di “mondo sviluppato“. Ma forse in un mondo davvero sviluppato, ognuno avrebbe i suoi spazi: provocatoriamente ricordo che a Copenaghen, puoi trovare una strada divisa in tre spazi separati: auto, bici e pedoni. Situazione forse non riproponibile in molte città italiane, almeno fino a quando si cercano i difetti altrui senza fare proposte!
Questo perché forse nel nostro Belpaese prima di tutto manca il rispetto per il prossimo, e viviamo sempre nella situazione di chi ha molte possibilità ma non si danna l’anima per fare qualcosa. Noi siamo quelli che quando sono in auto maledicono il gruppo di ciclisti che occupa tutta la corsia, e quando pedalano vogliono stare di fianco all’amico per fare quattro chiacchiere. Il cane che si morde la coda. Ok, basta con populismo e demagogia schietta e semplice. A voi la parola.
Amici cinghiali, voi che ne pensate?