Amici cinghiali buongiorno, e bentornati alla ormai tradizionale “lezione” noiosa. Si parla spesso di temi legati al traffico automobilistico intenso, alla congestione urbana e alla necessità di un maggiore rispetto per l’ambiente. E noi wildpigs, come molti altri amanti delle due ruote, ci schieriamo a favore dell’uso smisurato di tale mezzo, anche in situazioni abitudinarie, quale può essere ad esempio il recarsi al lavoro appunto in bicicletta. Oggi vogliamo coniugare il mezzo “bici” con il tema degli infortuni sul lavoro. Il tragitto casa-lavoro-casa ha infatti assunto rilevanza nell’ambito delle indennità che possono essere riconosciute ad un lavoratore che abbia subito un infortunio “sul lavoro”. Si parla in tal caso di “infortunio in itinere”, e l’infortunio in itinere può riguardare anche l’utilizzo della bicicletta.
Cerchiamo di capire qualcosa, e spiegarlo brevemente per non annoiarvi troppo, prendendo spunto dalla legge, dalle sentenze della giurisprudenza italiana e dalle recenti pronunce dell’INAIL. Innanzitutto, nel caso di un lavoratore che abbia subito infortunio recandosi al lavoro in bicicletta, assume importanza il concetto di utilizzo necessitato della bici: il lavoratore deve cioè aver scelto di utilizzare la bicicletta come mezzo di trasporto, poiché mancano o sono insufficienti i mezzi pubblici ed il tragitto non è percorribile a piedi. Se tale aspetto viene riconosciuto, allora può esserci indennità per l’infortunato, ma occorre distinguere altre due situazioni: primo, il lavoratore, nel tragitto casa-lavoro-casa potrebbe percorrere strade e vie aperte al traffico automobilistico; secondo, potrebbe dirigersi verso piste ciclabili e/o zone interdette ai veicoli a motore. In breve si può riassumere che nel primo caso, l’indennità non viene di norma riconosciuta perché il soggetto ha scelto consapevolmente di esporsi ad un rischio maggiore, prendendo la bici e non il mezzo pubblico, per percorrere una via trafficata. Nel secondo caso invece, l’infortunio sarà indennizzato perché avvenuto su pista interdetta alle auto, dove la scelta del mezzo privato (la bici) era comunque sottoposta ad un rischio minore, per così dire “sopportabile” da parte dell’ente assicurativo. Un caso particolare riguarda poi i cd. percorsi “misti”, che comprendono tratti su piste ciclabili ed altri aperti al traffico: in questi casi avrete capito che in base a quanto detto prima, l’indennità sarà riconosciuta, nel caso di infortunio occorso nel tratto di strada aperto alle auto, solo se sussiste il carattere necessitato dell’utilizzo della bici. Infine, un piccolo cenno anche al servizio di bike-sharing, di cui avevamo già parlato qui. Si tratta di un servizio che non può essere assimilato ad un trasporto pubblico, sebbene messo a disposizione dalle amministrazioni locali. E quindi valgono le stesse considerazioni di cui sopra, rilevando il fatto che non importa la proprietà del mezzo, che può essere del lavoratore o di terzi, bensì l’utilizzo che se ne fa e la scelta del tragitto da percorrere.
Stop. Ho finito. Grazie per l’attenzione. Potete svegliarvi e andare…