FINO ALLA FINE DEL MONDO
30 settembre 2012
Completo il mio primo triathlon distanza ironman, Challenge Barcelona-Maresme, ed è febbre! Non sto nella pelle voglio subito un altro Ironman. Apro il calendario, contatto le agenzie, guardo i voli. E il pensiero è sempre li, che si fa? Gli IM vanno tutti sold out in men che non si dica.
Ce n’è uno però, Ironman New Zealand, che apparentemente continua ad avere disponibilità.
Mi informo presso amici Australiani che lo hanno fatto. La storia è che a marzo in New Zealand, specie nella zona dell’Ironman, capita un tempaccio veramente severo, tanto che qualche volta hanno dovuto trasformarlo in 70.3. Bufera, tempesta, trombe d’aria, alberi altissimi sradicati come fuscelli, tanta ma tanta pioggia torrenziale.
E allora? Ci piace ancora di piu’! Mi iscrivo. E’ l’Ironman più antico dopo Kona. Nel 2013 la 29° edizione. Si vocifera che lo toglieranno dal calendario, e allora… far parte dell’evento, per l’ultima volta, mi invoglia ancora di piu’.
Presa dal raptus mi iscrivo, solo dopo, con calma, realizzo che si trova dall’altra parte del mondo! 36-40 ore per arrivarci e altrettante per tornare a casa.
La gara si svolge sabato 2 marzo, fine estate nell’emisfero sud. Vuol dire allenarmi d’inverno. Con freddo, pioggia, giornate corte, e poca voglia.
Parto qualche giorno prima, nella speranza di assorbire il fuso orario (+12 ore) e riprendermi dal viaggio estenuante. Ho già una tossettina e un principio di influenza che non fa che peggiorare durante il volo. All’arrivo sono un’ameba e mi sono intossicata di medicine che causano una reazione alle labbra: si gonfiano asimmetricamente, come un lifting andato male, un mostro!
In aeroporto incontro il grande Claudio e il suo prestigioso Team Brianza, e insieme intraprendiamo il viaggio in furgone da Auckland a Lake Taupo, sede della gara. Il viaggio scorre allegramente, tra soste in aree di servizio in mezzo a grandi pascoli di splendide mucche pezzate, e grasse risate e sfottò che solo un team cosi affiatato può generare.
Arrivo al Motel dove mi aspetta super Alfio. Giramondo ferrarese, pluri-Ironman finisher in location estreme, un vero personaggio. Con lui poi condividerò il giro turistico dell’isola nel post gara.
Pur essendo moribonda , azzardo qualche uscita. New Zealand è un altro mondo. Lo senti subito. La natura è magnifica, tutto sommato selvaggia, pur essendo priva di pericoli! A differenza dell’Australia non ci sono animali “letali”! A dire il vero gli animali sono quasi del tutto assenti! A parte le mucche e qualche altro animale domestico d’importazione. Di locale ci sarebbe il Kiwi, che oltre ad essere il simbolo nazionale, il nome con cui si identifica la popolazione, la squadra di rugby, il frutto vitaminico, ecc ecc.. è soprattutto un simpatico volatile quasi preistorico, con pelo lungo come se fosse un topo , privo di ali… e infatti è un volatile per modo di dire. In compenso ha uno splendido becco lungo fino a terra che gli consente di razzolare senza tanta fatica.
Taupo è un paradiso! Monti, ruscelli, foreste, parchi naturali, arte rupestre dei Maori e lo splendido lago in cui nuoteremo. Acqua limpida cristallina da bere… e la beviamo. Li vicino si sviluppano i percorsi MTB più famosi e accattivanti del mondo. Meta di escursionisti e amanti dell’aria aperta ma anche dell’ozio e della buona tavola, e di appassionati di Bungee Jumping.
Tutto il paese è in fermento per la gara. Tutti sanno cos’è il triahtlon e cos’è un Ironman, dalle cassiere dei supermercati ai punk che bevono birra a mollo tra le cascate; dai bambini colorati, ai distinti signori di una certa età che ci fermano nei parchi per fare amicizia e domandare da dove arriviamo. E tutti, indistintamente, li ritroveremo a bordo gara a fare un tifo sfegatato; ad urlare e ad acclamarci instancabili, sotto il sole e fino all’ultimo.
Taupo è una località turistica, il lungolago pullula di pub e ristorantini, più dietro si sviluppa il vero e proprio centro abitato. Case basse e aperte, con ampio giardino e fiori e alberi rigogliosi.
La città è piccolina. Eppure riesco a perdermi!! In realtà giravo come in un labirinto di incroci tutti uguali, almeno cosi mi parevano. Un’anziana signora arriva in mio soccorso. Abbandona il marito in un centro analisi e mi riporta a casa in auto! Sono solo due isolati e la conversazione è piacevole, tutti sono ospitali e cercano di dare una mano.
La registrazione procede impeccabile. Mi reco alle vasche per la “disinfestazione” della muta. In questo paese sono fissati per la salvaguardia dell’ecosistema, e non vogliono contaminare il lago con alghe importate involontariamente da fuori. L’omino addetto alla disinfestazione (antiDymo) ci chiede di dove siamo e poi esclama: “Francesco Totti!!!!”. Riceviamo il bollino blu da mostrare obbligatoriamente al checkin della bici, e rincasiamo.
Durante la gara, fino alla fine, ritroveremo l’omino Dymo energetico e saltellante, nonostante la sua stazza, irriducibile, ad incitare ogni partecipante urlando a squarciagola e scuotendo un grosso campanaccio. Io, passandogli vicino, gli dirò “Italia” ogni volta e lui mi risponderà “Francesco Totti!!!” ogni volta! Ti ci affezioni subito 🙂
E’ la grande sera, pasta party! Io sono malconcia, labbrone gonfio per intossicazione da medicine, influenza. Arrivo tardi all’appuntamento con Alfio e perdiamo gli spettacoli e le danze Maori. La sala è immensa, il cibo è quello dei pasta party ma è vario e in fondo gustoso. E’ un rito, condividere la tensione con gli altri ha un effetto catartico. Sono circondata da fanatici! Magliette di finisher di altri Ironman di tutto il mondo, segni di guerra a forma di tatuaggio impressi sullle gambe, borracce personali sul tavolo piene di integratori e altri beveroni pre-gara. Una grande festa!
L’indomani si consegna la bici. Mi convinco di essere guarita e… sono guarita!
L’occasione è buona per una nuotatina di prova nel lago. La spiaggia pullula di altri atleti e allegramente facciamo qualche bracciata. L’acqua è gradevole, trasparente, Alfio dice che è ricca di zolfo e lascia quel tipico odore… io non sento nulla. Sono felice di stare bene a poco tempo dallo start e tutto mi appare perfetto!
E allora riesco pure a fare un piccolo giro di prova in bici. 10 metri e buco. Prima di partire per la NZ avevo preso un bel vetro nella ruota anteriore ed ero partita con dei vecchi copertoni da cambiare a Taupo, in un negozio di bici. Compro i copertoni nuovi, li monto, altro giro in bici, 10 metri e psssssssssssssss ri-buco? Ma… allora? Ricambio tutto. Faccio un giro prova e buco! E’ ufficiale, ho smarrito la mia proverbiale fortuna!! Ritorno al negozio bici, cambio ancora camera d’aria. Mi dico, statisticamente ho dato, in gara non succederà più……………..
E’ caldo, altro che tempeste! Il sole mi ha ustionato in pochi minuti, figuriamoci il giorno dopo in gara!
Le stradine sono fantastiche, sue e giù, ampie… bisogna ricordarsi di tenere la sinistra… anche in gara.
Al seguito di Alfio sopravvivo.
Il briefing si svolge pacatamente, a dire il vero sembra quasi una messa funebre.. hmmmmmm!?
Hanno un accento buffo, il “check in” della bici mi arriva come un “chichen” e il “10” come un “tin”.
Vabbè un po si capisce, il resto è tutto scritto e ben segnalato.
La notte pregara è insonne, non tanto per l’ansia, almeno cosi credo io, è proprio che non ho sonno. Ancora il jet lag?
Purtroppo la mattina della gara non ci faranno accedere di nuovo alla zona borse, quello che c’è c’è non si aggiunge o toglie più nulla. Alfio va in panico,… voleva depositare i suoi cucculenti panini al prosciutto nella sacca bike, e invece dovrà legarseli alla bici la mattina stessa e lasciarli li, sotto il sole.
Alle 5 inizio la mia colazione e tutti i preparativi, in zona cambio è completamente buio, i veterani sono attrezzati con una torcia. Incontro Claudio, al suo primo Ironman, sorride come un bambino in gita! Gonfiamo per bene le ruote e indossiamo la muta.
Si parte dall’acqua lungo una linea immaginaria delimitata dalle canoe.
Finisco in prima fila, in mezzo, il posto peggiore per chi non eccelle nel nuoto (ma pure in tutto il resto).
Gli sguardi sono nervosi, io ho solo un pò freddo, sono li a mollo da 10 minuti prima dello sparo del cannone. Finalmente si parte! Tutto sommato non prendo tantissimi schiaffi, sono in un gruppetto di 2-3 persone e ci piace rimanere vicini, ogni tanto tiro la testa fuori per seguire il gruppo e tenere d’occhio le boe.
Tutto procede liscio, sento di non andare molto veloce ma sono calma e rilassata, non mi sto affaticando per niente. La giornata è ancora lunga…
Arrivare in zona cambio è una lunga passeggiata in salita, il pubblico mi sostiene. I volontari mi allungano la borsina bike, mi preparo e afferro la bici. Pedalo pedalo pedalo. Il percorso è bello, aperto al traffico ma comunque controllato e di auto ce ne sono poche. Bisogna ricordarsi di tenere la sinistra e si supera rigorosamente a destra. Mi sento bene e vado.
A meno di 10 km dalla partenza sento che ho bucato… mi fermo, verifico… provo a gonfiare la ruota e ripartire ma niente… mi rifermo cambio la camera d’aria, spreco una cartuccia CO2, gonfio la ruota col gonfietto e riparto. Molti (dei pochi che avevo lasciato dietro nel nuoto e in zona cambio) mi superano e alcuni mi sussurranno dispiaciuti “bad luck”, che sfortuna. Mi rimetto in bici ancora qualche km e pssssssss di nuovo! Il copertone è fuori dalla ruota e un pezzo di camera d’aria sporge! Si avvicinano i meccanici in servizio lungo la gara, sollievo, mi allungano una pompa vera, mi chiedono se ho un’altra camera d’aria, si ho pure la schiuma! Passano i minuti e finalmente riparto. Mi fermo ogni tanto perchè la paranoia mi dice che la ruota è giù, continuo, sono al 30 km di nuovo psssssssssss. Piango.
I meccanici mi hanno preso a cuore, mi vedono di nuovo ferma e mi aiutano, ci accorgiamo che avevo il pattino del freno posteriore destro allentato e basculante, era quello che causava la fuoriuscita del copertone dalla sede e tutte le conseguenze… armati di brucole me lo fissano per bene e poi decidiamo di lasciare i freni aperti. Mi ripeto mentalmente che arriverò fino in fondo, non sarà la ruota a fermarmi, non sono ancora al 45 km, giro di boa del primo giro ma non fa niente!. Mi hanno superato tutti. Non fa niente. Mi dico che in fondo mi sono riposata e posso pedalare più forte nel secondo giro. Ormai, chiarita la natura del problema meccanico e risolto (?)…. posso pedalare tranquilla. In realtà ero scoraggiata. E sentivo di più il caldo, e le gambe pesanti, e la solitudine. Intravedo Claudio ormai al suo secondo giro e ci incitiamo a vicenda. Il resto del giro bike è stato faticoso, ustionante, per fortuna il panorama era degno di quanto si narra sulla Nuova Zelanda. I meccanici ogni tanto mi affiancano per accertarsi che fosse tutto a posto, o semplicemente per salutarmi, nel secondo giro non li vedo più.
Miracolosamente e in un tempo immemorabile, arrivo in zona cambio, felice di infilare le scarpette da corsa. Nella corsa puoi essere stanco, dolorante, accaldato, demotivato, zoppo… ma anche strisciando puoi farcela, non dipendi più da mezzi esterni ma solamente da te stesso. Questo pensiero mi da nuova energia. La gara si può dire finita…OK tra N ore è finita, se non altro al buio, tra il pubblico instancabile che mi incitava. Nel penultimo dei 4 giri un ragazzo mi affianca per 1 metro e mi dice 2-3 cose incoraggianti. Mi suggerisce di correre a testa alta e busto eretto, questo di per se mi avrebbe dato forza e cosi è stato. Il percorso era tutto un su e giù, e di tratti anche ripidi (a quel punto ogni scalino ti sembra ripido) e lunghe ma lunghe… ma lunghe salite… Ormai eravamo rimasti in pochi, tutto un guardarsi i polsi per notare a che braccialetto eravamo arrivati e se c’era qualcuno che avrebbe corso ancora con noi fino alla fine. Ormai il sole era calato completamente. Di notte mi rianimo, mancano 3 km, ho tempo per finire, e potrei continuare a trascinarmi ma per orgoglio decido di accelerare. E corro. Uno ad uno supero i vari compagni di tapascionata, anche il pubblico si rianima e mi applaude, ci siamo, ultima salita, intravedo il giro finale sotto il palco, davanti a me qualche vecchietto si gode l’arrivo salutando i familiari sugli spalti. Io, accecata dalla vista dell’arco di arrivo, accelero, supero i vecchietti davanti a me, a 7-5 metri dalla fine, e taglio il traguardo con un super sprint. Sono al settimo cielo. Anche questa è finita. Un ragazzo del pubblico dopo l’arrivo mi segue, mi ferma, e sorridendo mi dice “avevi proprio voglia di andare a casa”. Si.
Medaglia al collo, la volontaria-mamma mi avvolge in una mantellina da finsiher stupenda, rossa, di soffice spugna, e mi accompagna nel tendone dei massaggi e del ristoro. Alfio mi stava cercando, io dormivo sotto le abili mani del massaggiatore. Ci nutriamo grandi abbracci e complimenti. Iniziano i festeggiamenti! Puoi soffrire, disperarti, essere deluso, però poi tagli il traguardo e il mondo comunque ti sorride, pensi addirittura alla prossima volta, a rifarti magari… ma intanto la birra fresca scorre a fiumi, anche se ti si chiudono gli occhi.
Non so quanto ho dormito, il giorno seguente scorre placido, relax, brunch in riva al lago, tutti vestiti di blu finisher a sorriderci e a raccontarci l’avventura. Pigramente raggiungiamo la award ceremony. Tutto un altro clima rispetto al pasta party! Applausi, danze, musica, allegria.
Ho ancora qualche giorno, Alfio ho cambiato il suo volo di ritorno, inizia la vera vacanza!
Nei dintorni di Taupo ci sono percorsi favolosi, all’interno di una riserva lussureggiante attraversata una un ampio fiume verde. Incontriamo la postazione bunjee jumping dove alcuni folli si lasciano cadere nel vuoto attaccati a un filo…, proseguiamo. In un’ansa del fiume ragazzi in costume sorseggiano birre fresche e ancora più avanti, giungiamo alle famose e imponenti cascate. Uno spettacolo della forza della natura! Ci fermiamo in un’area attrezzata per un succulento pic nic. Si prosegue tra felci e pini altissimi. Il giorno dopo altra scarpinata per ragigungere gli affascianti Crateri della Luna! Una vasta area di terra in ebollizione. Geyser e pozzi di acqua bollente, terra in fiamme, guai ad uscire dal percorso consigliato. E anche li nuovi geyser spuntavano all’insaputa. E’ un posto infernale! Eppure c’è qualche piantina che ha il coraggio di crescere su bordi infuocati e incandescenti. Sembra di stare in un’altra galassia. Si sente un rombo di acqua in ebollizione sotto i nostri piedi, li pronta ad esplodere. I paesaggi ci infondono nuove energie, mentali, il fisico invece è abbastanza provato, e la strada del ritorno è ancora lunga, tuttavia ci fermiamo ad un bar con eliporto, una guida ai Crateri della Luna ci ha detto che li avremmo trovato un italiano e ci siamo fermati a salutarlo. Parliamo di mMaori e di come l’economia del paese stia crescendo, in controdendenza al resto del mondo. Si cerca forza lavoro all’estero, anche perchè la popolazione locale ha una radicata filosofia del saper vivere, e del “facciamo domani quello che potrebbe affaticarci oggi…”
George, il gestore del motel, ci propone di prendere le MTB in dotazione della struttura e fare un girello. Ci avvenutriamo! La mia prima volta in MTB. Il percorso è facile ma i freni non funzionano!!!!!! Poco male, entriamo in una pista ciclabile lungo lago e ci addentriamo tra rovi di more che mangiamo a piene mani. Pssssssssssssssssssssss. Di nuovo!!!!!!!! Ma non sono io! E’ Alfio, ha bucato. La maledizione mi ha lasciato, spostandosi un pò più in la . Il tempo scorre a ritmo vacanza. Ci godiamo gli intingoli locali, un misto di cucina delle varie culture che si sono avvicendate, e degustiamo le ottime birre neozelandesi. I giorni trascorrono veloci ormai, ed è ora di tornare a casa. Altre 40 ore di viaggio, devastanti. Questa gara mi ha lasciato il segno, è stata bellissima nonostante le vicissitudini. L’accoglienza e il pubblico strepitosi. L’organizzazione esperta e attenta. Ma è troppo lontano. Ne passerà di tempo prima di imbarcarsi di nuovo per un viaggio cosi impegnativo.
Forse.
Loredana Coda