L’articolo del NO

Stavo pensando a cosa potervi raccontare in questa mattinata di luglio 2013. In primis, vorrei salutare chi ci sta leggendo, dal pc, a lavoro o a casa, chi naviga dal telefono e chi, bagnandosi il dito con la lingua come si faceva con le pagine di giornale, è capitato anche per sbaglio sulla nostra pagina mentre naviga in spiaggia con il suo tablet di ultima generazione. Se state leggendo, vuol dire forse che vi piace il tema, forse che vi facciamo divertire con i nostri racconti, forse che avete fame e voglia di un cinghiale con polenta (in spiaggia!), forse che siete qui e basta. Oggi il tema non riguarda nulla e riguarda tutto. Non si parla di imprese storiche compiute in sella ad una bicicletta su e giù per qualche monte a 3.000 mt; non si parla di un viaggio epico in bicicletta in giro per qualche Paese a visitare luoghi e conoscere persone nuove da mettere nero su bianco e pubblicare come l’avventura di una vita, né della vittoria soffertissima di una gara in bicicletta nel fango alto mezzo metro con le sanguisughe che si attaccano ai polpacci neanche fossimo John Rambo. Non ci sono ringraziamenti vari a varie persone o sponsor o supporters o fans o santi che ci hanno supportato e sopportato nel nostro giro del mondo in 80 pedalate di bicicletta; non ci sono recensioni sull’articolo più pazzesco mai inventato da attaccare al manubrio della bicicletta, né video dell’ultimo pazzesco salto nel vuoto in bicicletta. Non ci sono mappe dell’ultimo giro in bicicletta sui sentieri di casa, sull’E5-E6 (colpito e affondato) di turno molto bello e scorrevole; non un tranquillo giro in bicicletta nelle vie cittadine di una sera d’estate per trovarsi in centro e magari prendere il cono 2 gusti e fare 2 chiacchiere e star fuori 2 orette. Né di dove vorremo andare la prossima volta in bicicletta, o del viaggio che sogneremo o pianificheremo di fare.
Fateci caso: quella che sto per scrivere, è la 10ma volta che scrivo bicicletta, che in un seguirsi così breve di parole, potrebbe anche sembrare eccessivo. Dieci volte perché di solito si parla di top ten per indicare la classifica delle migliori dieci cose fatte o viste o vissute o che ci hanno fatto emozionare. Dieci volte perché quella parola è composta da dieci lettere (me ne sono accorto in realtà articolo facendo) e sarebbe fin facile fare un sondaggio chiedendovi la prima parola che vi viene in mente che inizi con ciascuna delle dieci lettere di quella parola. Dieci volte perché di solito si usano i decimali, perché il dieci in numeri romani è una X e ha molti significati, perché a scuola è il voto più alto e perché uno su 10x10x10 ce la fa.
Come vedete l’articolo continua senza dire alcunché, ma avendo sempre al centro quella parola, lasciando libero sfogo al lettore sull’interpretazione e significati che vorrà dare alla parola stessa, in qualunque situazione esso la viva: ad esempio, l’ultima volta l’ho vissuta dopo aver fatto la spesa al supermarket, tornando a casa con lo zaino pieno di bottiglie d’acqua e la baguette che spuntava a lato.
Ora la smetto comunque. Devo entrare in libreria a prendere l’ultimo racconto di John Rambo che per fare il giro del mondo si è buttato da un monte di 3.000 mt con le sanguisughe ai polpacci sul sentiero E5 e  con un fiore sul manubrio!